I raduni invernali sono qualcosa di speciale, perché anche con le condizioni più avverse e le temperature più rigide, incontri chi veramente ama la moto e la usa 365 giorni all’anno. La moto tendata tenutasi nel Vallone di Arpy nell’ultimo weekend di febbraio è stata un’esperienza unica che ti lascia quei ricordi e quei principi di congelamento che difficilmente dimentichi.
L’evento è stato organizzato in modo impeccabile dalla sezione Motociclismo All Travellers della famosa rivista, grazie al Ciaccia, instancabile moto viaggiatore ed a Paola Verani, una piccola ma grande donna e soprattutto tenace motociclista.
Io sono partito la mattina intorno alle 9.30 ma in realtà nella mia testa era un mese che pregustavo quel momento. Soprattutto perché a parte la tenda ho dovuto specializzarmi e studiarmi le caratteristiche tecniche dei vari sacchi a pelo e materassini, per riuscire a dormire anche una decina di gradi sotto lo zero. Inoltre anche il mezzo, la mia bellissima Transalp 650 aveva bisogna un’accortezza, ovvero le catene.
Visto che vedendo la tendata del 2016 organizzata in cima al Passo Sempione; dove la mattina, al risveglio i motociclisti trovarono una gradita ma anche amara sorpresa; nella notte era caduto la bellezza di un metro di neve che ha messo a dura prova i mezzi e i piloti nel tragitto verso casa, soprattutto per il fatto che il fondo era completamente ghiacciato. Quindi le cadute erano assicurate, soprattutto con moto di oltre due quintali.
Per le catene mi sono rivolto alla grande esperienza di Mario Ciaccia, già citato poco fa. Tra mille informazioni trovate nelle varie pagine su internet lui mi ha aperto la via più economica e semplice: un paio di Konig p1 da macchina, misura 075 da adattare semplicemente togliendo qualche maglia.


Ma torniamo alla mattina del 25 febbraio. Il tempo è magnifico, sole splendente e temperature ottimali, intorno ai 6 gradi. Dopo aver fatto il pieno in Milano-Meda continuo sulla tangenziale fino all’imbocco dell’A4 in direzione Torino. Poco dopo Novara in una piazzola di sosta scorgo un gruppo di motociclisti attrezzati stile Capo Nord, intuendo che anche loro sono diretti al raduno. I km scorrono veloci sotto le ruote del mio TA e in poco tempo raggiungo il raccordo con l’A5, qui il paesaggio inizia a cambiare con la bellissima morena laterale di Ivrea che ti accompagna per qualche chilometro. Il traffico da metà valle in poi si dirada e mi lascia godere delle bellissime cime che sorvegliano la strada dall’alto. Varcato l’ultimo casello ad Aosta l’autostrada inizia a salire leggermente e l’aria si fa più frizzante ma non fastidiosa. Mi fermo in una piazzola prima dell’uscita di Morgex a sgranchirmi le gambe con tanto di cambio del liquido del pilota.

Prendo l’uscita di Morgex, finalmente basta autostrada e seguo le indicazioni semplicissime per Arpy. Ovvero una volta usciti dall’autostrada al primo semaforo si svolta a destra, poi dritto per un paio di km fino ad una rotonda, qui si prende la terza uscita e la strada prende la direzione verso Ovest. Finalmente iniziano le curve, quelle di montagna con tornanti molto stretti e una pendenza intorno all’11%. Non oso immaginare con giù la neve in quanti sarebbero arrivati in cima.
La strada è lunga all’incirca 8 km, molto bella per la presenza della neve a bordo strada, ma da stare attenti al brecciolino sulla carreggiata. Dopo un 15 min di salita bisogna svoltare la destra seguendo l’indicazione ostello di Arpy. Se si proseguisse per la strada principale si arriva al Colle San Carlo che collega Arpy con la nota località sciistica di La Thuile.
Dopo la svolta la strada si fa più stretta e ripida, si passa in mezzo alle baite e si arriva all’ostello posto all’entrata del vallone. L’enorme struttura, all’inizio del novecento fino a circa gli anni ’50, ha dato rifugio ai minatori della miniera di carbone presente a metà del vallone.
In tutto ci ho messo due ore, diciamo a velocità leggermente sopra il codice. Alle 11.30, ora del mio arrivo al raduno, i motociclisti non sono ancora tanti; parcheggio la moto, saluto due ragazzi intenti a montare le catene di loro produzione su una Yamaha Virago e mi incammino verso lo spiazzo che ci hanno concesso, a circa 200m dall’ostello, proprio sopra la pista da fondo. La neve non è troppo molle è ancora dura, quindi anche nel mio caso con gomme stradali dovrei farcela ad arrivarci, senza spingerla. Tornato indietro tolgo le borse laterali alleggerendola e mi avvio verso il nostro spiazzo. Con qualche tentennamento ed una spinta nell’ultimo tratto arrivo sano e salvo, anche se nelle mie previsioni mi vedevo già orizzontale. Prese anche le valige lasciate indietro manca solo la paglia per fare da isolante tra la tenda e la neve. Nel frattempo incontro anche Paola Verani fuori dall’ostello che accoglie i nuovi arrivati, con saluti e adesivi. Dopo aver pagato cena e paglia seguo il gestore che mi consegna un grosso sacco nero, stile porta cadaveri pieno di paglia. Diciamo che essendo la prima volta non avevo ben capito dove andasse il fieno ma vedendo le altre tende mi si leva ogni dubbio.
In 30 min circa monto la tenda, sistema il letto e mi cambio, pronto per andare a mangiare un boccone. A tavola finalmente conosco il Ciaccia ringraziandolo ancora per i suoi preziosi consigli. Nel frattempo le moto continuano ad arrivare, io invece mi incammino lungo il sentiero per andare a vedere l’entrata della miniera. Purtroppo è tutto abbandonato e si vede solo l’ingresso con un carrello su rotaie ed attorno un paio di edifici usati come ricovero per i macchinari e gli utensili. Ritorno al campo dopo un paio d’ore. Già in lontananza sento che il baccano è aumentato, ma solo quando riesco a vedere il campo mi accorgo che il numero di moto si è triplicato. Ed io che pensavo fossimo in quattro gatti.
Alla fine sono arrivate in tutto un’ottantina di moto, divisi tra chi ha scelto un bel letto caldo nell’ostello e chi una notte stile Bear Grills in mezzo alla neve. In serata fanno la loro comparsa anche dei ciclisti temerari che con la bici che pesa quasi quanto un cinquantino hanno affrontato la dura salita. Inoltre fa la sua comparsa anche un ragazzo davvero coraggioso e temerario che con Piaggio Ciao senza variatore è partito da Udine per arrivare fin qui.
La luce del sole cala, ed il freddo inizia ad arrivare, ma quando i brividi si fanno sentire ecco che un fuoco ed un buon vino sbucano per cacciarli. Tra chiacchere, risate e pane e salame si tira l’ora di cena. Momenti così sono difficili da descrivere, cosa c’è di meglio che parlare di viaggi intorno ad un fuoco sulla neve in alta montagna?!
La cena si svolge al piano di sotto dell’albergo, con vari salumi, salsiccia e tanta polenta concia; il tutto accompagnato dall’immancabile vino. Tra racconti, consigli e risate si arriva al caffè ed in seguito al momento in cui si esce dal ristorante. La temperatura è già bella frizzante siamo a –5. Pensare che 3Bmeteo da casa mi dava una minima di 0° gradi. Tornati al campo ci mettiamo tutti intorno al fuoco, questa volta veniamo intrattenuti da due Mantovani abbastanza pieni che ci fanno ridere tutta sera per poi lasciarsi e andare a scendere con lo slittino. Nel frattempo il grande Daniele tira fuori un pentolino, un fornello, e gli ingredienti per il vin brulé che ci riscalderà per almeno un dieci minuti.
Fatta una certa, intorno all’una ci congediamo e andiamo a dormire; già a pochi passi dal fuoco si sente il freddo che ti avvolge, e in tenda la cosa non cambia. Decido di entrare nel sacco a pelo vestito ma dopo neanche cinque minuti muoio di caldo, cosi decido di togliere il pile e i pantaloni rimanendo in intimo tecnico e col cappello di lana. Devo ammettere che il sacco a pelo della Ferrino tiene davvero caldo. La nottata passa e mi sveglio solo una volta intorno alle cinque e mezza, controllo dal telefono la temperatura e segna la bellezza di –11° gradi. Infatti il sacco a pelo all’esterno è bagnato/ghiacciato, ma all’interno si sta veramente bene. Mi riaddormento e mi sveglio definitivamente verso le sette e un quarto, abbastanza riposato e incredulo nell’aver dormito così bene a quelle temperature. Tutto merito del sacco a pelo, del materassino e della paglia sotto la tenda come isolante; naturalmente il tutto acquistato grazie ai consigli del Ciaccia. Adesso però è il momento di uscire dal sacco e vestirsi, diciamo la parte meno piacevole.
All’esterno regna la calma, c’è chi è già sveglio ed inizia a sistemare il campo, chi ancora russa profondamente e chi fa due passi per riprendere sensibilità in tutto il corpo come il sottoscritto. La bellezza della valle a quest’ora è magnifica, con le montagne che ti sovrastano e il bosco ancora brinato.
Le prime moto vengono accese, con qualche sussulto e la tendata si risveglia. Visto che la colazione è fissata alle 8.30 inizio a sistemare le cose. Però vedendo che il pezzo di strada innevato è bello ghiacciato accendo la moto dal suo letargo e la porto davanti all’ostello; il Transalp affronta il pezzo innevato senza problemi. L’ho sempre detto che è una moto fantastica.
Una valigia è già pronta, l’altra invece aspetto dopo la colazione, visto che devo smontare la tenda. Durante il caffè, in compagnia di Stefano e Daniele, due motociclisti di Lecco. Visto che tornare a casa diretti è un po’ noioso, e la giornata invece è fantastica a Stefano viene l’idea di fare un percorso alternativo: tornare ad Aosta, salire verso il San Bernardo, fare il tunnel, entrare in Svizzera e proseguire fino al Passo Sempione e da lì, Domodossola, autostrada e via diretti fino a casa. L’idea viene approvata senza tentennamenti; quindi via a finire di smontare la tenda e poi si parte. Caricato il tutto salutiamo gli altri motociclisti, Paola e il Ciaccia ed anche il gestore del luogo. Ma un saluto speciale va a questo luogo incantato immerso nel cuore delle Alpi.
Lasciamo Arpy intorno alle 10.30, sosta poco prima di Aosta per fare il pieno, e su diretti verso il tunnel. Nel frattempo ci ha raggiunti anche Daniele Romano, un ragazzo di La spezia con GS che ci terrà compagnia fino a Domodossola. Il traforo del San Bernardo è abbastanza corto se paragonato agli altri, esattamente si sviluppa in modo rettilineo per 6 chilometri, quindi in dieci minuti lo si fa tutto; per le moto, solo andata costa intorno ai 16 euro. Il tempo regge, anche se un pò freschino. La strada del passo è molto bella, con ampie curve e asfalto in ottime condizioni. La svizzera scorre lenta sotto le ruote, soprattutto per la paura delle multe salatissime. Verso le 13 ci fermiamo in barettino a mangiare qualcosa, anche se i costi di un panino in terra Elvetica non invitano molto. Ripartiamo in direzione Simplon pass. Dopo essere stati deviati causa carnevale, troviamo l’imbocco giusta e iniziamo la salita. La strada è molto bella, anche qua con ampi curvoni e ottimo asfalto. Di grande impatto è il ponte di Ganter, che si incotra salendo dalla svizzera. Poco dopo iniziano le gallerie, ed alla loro fine si apre il vasto panorama dominato dal bianco candido della neve. Arriviamo sul passo, a ben 2005m s.l.m. Foto di rito, e si riparte. Poco prima del confine ultima sosta per fare il pieno, e acquisto anche l’adesivo del passo che finirà sul bauletto. Il ritorno a casa procede monotono lungo la tangenziale e poi l’autostrada. In due orette siamo già fuori dalla Pedemontana, ci fermiamo ad un benzinaio per salutarci e scambiarci i contatti e cosi questo meraviglioso weekend finisce. Devo dire che questi due giorni in moto tra le montagne nella stagione invernale sono stati magnifici e indimenticabili; sicuramente da rifare l’anno prossimo. Sicuramente impari cosa vuol dire essere motociclista all travellers, affrontando temperature rigide e condizioni di aderenza precaria. Ma è questo il bello di viaggiare in moto, che ogni condizione avversa trasforma il viaggio in avventura, si ritorna bambini e non si vorrebbe più scendere o fermarsi.

